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2022

Vol 12 (2022)

Uno, è successo per scommessa o per gioco che siamo partiti; due, abbiamo mollato gli ormeggi, impresso la nostra orma sul tragitto ignoto ed era troppo tardi o troppo pericoloso voltarsi  indietro; tre, moltiplicare il senso della sfida e misurarla sulla croce di una condizione scomoda; quattro, quadrare il cerchio,  cercare ostinatamente il centro; cinque, la nostra sorte buona nei  fortunali del destino; sei, quello che sarai e saremo nessuna bestia incauta ce lo potrà portare via; sette, il tempo della morte e della  rinascita quando la messe è matura; otto, l’infinito della  performance è il nostro tempo; nove, sono le prove che abbiamo  superato; dieci, la mano divina che ci ha sollevato; undici, siamo  all’alba di un’oltranza definitiva e la dodicesima notte è più  luminosa del primo tempo che ci siamo lasciati alle spalle.


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One, it happened by bet or game that our journey has begun; two, we cast off our moorings, stamped our footprint on the  unknown route, and it was too late or too dangerous to look back;  three, multiply the sense of challenge and measure it on  the cross of an uncomfortable condition; four, squaring the circle,  stubbornly seek the center; five, our good fortune in the storms of  fate; six, what you will be and we will be, no incautious beast will be able to take it away from us; seven, the time of death and  rebirth when the harvest is ripe; eight, the infinity of the  performance is our time; nine, are the tests we have passed; ten, the divine hand that lifted us up; eleven, we are at the dawn of a  definitive beyond and the twelfth night is brighter than the first half we have left behind.


2021

Vol 11 (2021)

Fresca di riconoscimento in fascia A, appena sancito dall’Anvur, la nostra rivista si avvia, a Dio piacendo, verso un futuro decennio la cui storia è tutta da scrivere. Quel che è certo è che continueremo ostinatamente a perseguire la rotta metodologica dei Performance Studies, confidando nelle inesauribili possibilità del broad spectrum prospettato da Richard Schechner.


Il passaggio da una decade all’altra, ci impone una riflessione ulteriore su cosa i Performance Studies significhino per noi.


Come si evidenzia anche in questo numero, i PS possono muoversi, e si sono mossi, in un’ampia raggiera, ma noi crediamo, speriamo non troppo a torto, che una direttrice del ventaglio schechneriano possa riguardare, come abbiamo già avuto occasione di dire, tutto ciò che è dell’uomo proprio perché lo oltrepassa in una prospettiva verticale, riportandolo a quell’origine di cui il rito non è nostalgico retaggio, o frammento polverizzato del passato, ma insostituibile attualità. Che i PS riescano a ricordarci questo, pungendoci con le loro domande e sollecitandoci a ricercare quell’“Oltre” (perché Oltre è il destino di ciò che si indaga), è già una risorsa che li rende, se non «tool for living» (come afferma il loro fondatore), sguardo ineludibile e urgente.


Quello sguardo è irresistibilmente tentato, di là dalla vuota retorica della vulgata mainstream del dibattito pseudo-culturale del tempo presente, verso l’esplorazione metafisica di un suggestivo “Other Side” dei Performance Studies.


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Now that it can finally boast of the highest recognition by the Anvur, our review is heading, God willing, towards a future decade whose history has yet to be written. What is certain is that we will stubbornly continue to pursue the methodological route of Performance Studies, trusting in the inexhaustible possibilities of the broad spectrum proposed by Richard Schechner.


The transition from one decade to another requires us to further reflect on what Performance Studies means for us. As also highlighted in this issue, PS can move, and have moved, in a wide
radius, but we believe, we hope not too wrongly, that a director of the Schechnerian fan may concern, as we have already had the opportunity to say, everything that concerns the human being precisely because it goes beyond him in a vertical perspective,
bringing him back to the origin of ritual which is not a nostalgic heritage, but irreaplaceable actuality.


May the PS be able to remind us of this, pricking us with their questions and urging us to search for that “Beyond” (because
Beyond is the destiny of what is investigated), it is already a resource that makes them, if not a “tool for living” (as their
founder says), an unavoidable and urgent gaze.


That gaze is irresistibly tempted, beyond the empty rhetoric of the mainstream vulgate of the pseudo-cultural debate of the present time, towards the metaphysical exploration of a suggestive “Other
Side” of Performance Studies.











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