Le memorie “altre” dell’esilio antifascista: “ravveduti”, agenti provocatori, libellisti di regime

Santi Fedele

Abstract


Alberto Giannini – scrisse Gaetano Salvemini nelle sue memorie d’esule antifascista con riferimento all’ambiente parigino dei fuorusciti da lui frequentato negli anni 1927-1928 – era il più faceto della compagnia, finché non passò, nel 1934, dalla sera alla mattina, armi e bagagli, nel campo dei fascisti: il più svergognato caso di voltafaccia che abbia mai visto”. “Ed arrivò Alberto Giannini – ebbe a sua volta a notare Vera Modigliani nei suoi ricordi d’Esilio -, ex direttore. a Roma, del giornale umoristico “Il becco Giallo”: Non mi fermo su di lui. Ė passato al nemico. Duellista, giocatore di azzardo, ha trovato, da prima, che la partita era bella, perché, appunto vi erano l’azzardo e il rischio; ha trovato, poi, che era troppo lunga e troppo scomoda. Le corse di cavalli ed i duelli si risolvevano ben più rapidamente: Peccato! Ha sciupato – ha giocato, è il caso di dirlo – un passato onorevole”.
Sicuramente onorevoli, per come rilevato dalla moglie del leader socialista riformista Giuseppe Emanuele Modigliani erano stati, almeno sino all’inizio degli anni Trenta, i trascorsi politici di Alberto Giannini, figura tutt’altro che secondaria della battaglia ingaggiata dagli oppositori del fascismo ancor prima della marcia su Roma.

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DOI: https://doi.org/10.13129/2240-7715/2021.2.33-61

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