Biografia e bibliografia

Zveteremich_adolescente
Zveteremich adolescente

Pietro Antonio Zveteremich nasce a Colonia (Köln) il 2 aprile 1922, dove il padre, Renato Armando Zveteremich, triestino, dirige la filiale della Terni import-export. Gli Zveteremich discendono da una famiglia di rusini, una popolazione slava di lingua mista ucraino-slovacca originaria della Rutenia sub-carpatica che, alla metà del XVIII sec. era in parte emigrata nella Vojvodina, attuale regione autonoma della Repubblica Serba, e nella Slavonia, oggi parte della Croazia.
P. A. Zveteremich cresce in una famiglia di solide e ampie tradizioni culturali.
Il padre, poliglotta,  aveva studiato a Vienna;  qui conosce e frequenta Freud e il suo allievo Alfred Adler, che egli tiene in contatto con Eugeni d’Ors e Miguel de Unamuno in Spagna. A Berlino, dove lavora come agente di cambio, fa la conoscenza con Parvus, l’uomo che nel 1917 organizza il viaggio di Lenin sul treno blindato da Zurigo a San Pietroburgo attraverso Germania, Scandinavia e Finlandia. Più tardi, a Milano, nei primi anni ’30, collabora con Adriano Olivetti, divenendo direttore dell’Ufficio stampa della ditta, designer e grafico pubblicitario. Suo è il piano regolatore della Val d’Aosta. È proprio forse dal padre che P. A. Zveteremich acquisisce la passione per le culture e le lingue straniere, oltre che il gusto per il disegno e la grafica, che a propria volta trasmetterà alla figlia Erica.
La madre, Maria Marson, di origini veneto-liguri, appartiene alla famiglia che gestisce il Grand Hôtel di Alassio, frequentato da molti émigrés russi della prima ondata, fra cui Gor’kij.

 

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Appena ventenne, Pietro A. Zveteremich pubblica le prime traduzioni dal russo (V. Solov’ëv) e dal croato (M. Krleža). Su consiglio di Elio Vittorini, ripara  in Svizzera con la moglie Dina Rinaldi, sposata da pochissimo, che sarà il suo referente non solo affettivo ma anche intellettuale per tutta la vita. Completa gli studi all’Università di Zurigo, da dove redige i periodici del CLN L’appello e Italia alle armi.

 

Cultura sovietica. Rivista trimestrale dell’associazione italiana per i rapporti con l’URSS

Rientra in Italia nel 1945 e inizia a collaborare a Il politecnico diretto da Elio Vittorini. Prepara traduzioni per la “Collana del Politecnico” edito da Einaudi e per la rivista per ragazzi Perché i giovani sappiano, diretta da Dina Rinaldi.
Fonda e dirige la rivista dell’Associazione per i rapporti culturali con l’URSS Cultura sovietica (in seguito Rassegna della stampa sovietica e poi Rassegna sovietica). Da questo momento l’attività di P. A. Zveteremich diventa quasi frenetica, traduce moltissimi autori poco o punto conosciuti in Italia, non solo narratori o poeti, ma anche scienziati, psicologi e pedagogisti; intrattiene una fitta corrispondenza con intellettuali russi e italiani (Ėrenburg, Simonov, Maksimov, Nekrasov, Vittorini, Calvino, Lo Gatto, Soldati, Fortini, Paustovskij, Sinjavskij, Aleškovskij, Strehler), collabora a riviste culturali (Europa letteraria diretta da Vigorelli, Belfagor di Luigi Russo, Mondo nuovo, Il caffè, Nuovi argomenti, Vie nuove, Rinascita, Società, Il contemporaneo, Mondo operaio, Storia illustrata, ecc.). Si interessa vivamente al dibattito culturale seguìto alla destalinizzazione Chruscioviana, il breve periodo conosciuto come Disgelo.


Nel 1955, sulla rivista Znamja
, legge delle poesie di Boris Pasternak, che dovrebbero essere incluse in un romanzo di prossima pubblicazione: il Dottor Živago.
Venuto in possesso del testo, lo traduce, ma le condizioni in URSS sono nel frattempo cambiate e nonostante i tentativi di bloccarne l’uscita da parte sovietica,  la traduzione del Dottor Živago vede la luce per i tipi della Feltrinelli, nel 1957, in prima assoluta mondiale. Il romanzo avrà un successo immenso e sarà subito tradotto in molte altre lingue. Pasternak sarà insignito del Nobel per la letteratura, non potrà ritirare il premio, ma sarà riconoscente per il resto (breve) della sua vita al traduttore e all’editore.

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I edizione del “Dottor Zivago”

Zveteremich, da sempre libertario, partigiano durante la Seconda Guerra mondiale, iscritto al PCI, sarà a poco a poco allontanato dalla direzione di Rassegna sovietica e emarginato dal Partito. Dal 1961 l’URSS gli negherà il visto d’ingresso nel paese.
Continua a interessarsi però della cultura russa (e non solo), con monografie, studi, traduzioni, conferenze in Italia e all’estero; cura le sezioni “Usi e costumi” “Letteratura” “Teatro” “Cinema” per l’enciclopedia geografica Il Milione e le enciclopedie Le muse e Universo , pubblica una storia della letteratura russa moderna: La letteratura russa : itinerario da Puškin all’ottobre. (Roma, 1953), e l’antologia Narratori russi moderni (Milano, 1963), recensite favorevolmente da Carlo Bo, Luigi Russo ed Ettore Lo Gatto. Traduce e pubblica per le maggiori case editrici italiane (Garzanti, Mondadori, Bompiani, Sansoni, Rizzoli  ecc.), di cui sarà a lungo consulente editoriale per le cose russe e slave, classici dell’800 russo (Tolstoj, Čehov, Dostoevskij…) e autori meno noti del primo ‘900 (Sologub, Cvetaeva, Paustovskij, Pilnjak, Dudincev ecc.), ma anche nuovi scrittori del samizdat e del tamizdat:  Solženicyn, Gladilin, Erofeev, Sinjavskij, Maksimov, Vojnovič, Grossman, Bek ecc.
È il primo, in occidente, a occuparsi dei bardy russi: Galič, Okudžava, Vysockij, cantautori le cui canzoni non vengono pubblicate e incise in patria, ma che tutti i giovani conoscono e cantano, accompagnandosi con la chitarra russa a 7 corde (Canzoni russe di protesta. Milano, 1972)
In questo periodo l’interesse di Zveteremich si orienta verso quegli autori e quelle opere che attraverso la satira, l’iperbole e il grottesco, rappresentano meglio e più profondamente lo spirito e la  mentalità russi, al di là del realismo socialista e dello ždanovismo ufficiale; anzi va oltre, ne partecipa, scrivendo in russo la povest’  Spi spokojno, dorogoj tovarišč sotto lo pseudonimo di Vlas Tenin, che viene pubblicato nel 1971 (col titolo Le notti di Mosca) dalla Olympia press di Maurice Girodias (editore, tra l’altro di V. Nabokov, H. Miller, A. Nin, S. Beckett, W. Burroughs, J. Genêt) in italiano e contemporaneamente nelle lingue dei paesi dove è attiva la Olympia (inglese, tedesco, francese, spagnolo, olandese, giapponese). Qualche copia dattiloscritta (in russo) circolerà clandestinamente anche in Unione Sovietica, suscitando le ire del regime, che cercherà invano di individuare quel russo “che odia il [proprio] popolo e la patria che lo nutre”, come recita un bollettino dell’ agenzia di stampa Novosti. Nel 1986, la beffa letteraria sarà svelata dalla ripubblicazione del romanzo (in italiano) col vero nome dell’autore, quando già da più di un decennio insegna nella nostra Università.

 

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Zveteremich davanti all’ingresso dell’ex Magistero

Dal 1974, infatti, Zveteremich insegna lingua e letteratura russa presso la Facoltà di magistero dell’Università di Messina, e ne dirige l’Istituto di lingue e letterature slave, succedendo a Ignazio Ambrogio. Qui si distingue per i temi dei corsi preparati per gli studenti, che conquista non solo per la cultura e l’onestà intellettuale, ma anche per lo stile non accademico, per la disponibilità al dialogo, per i resoconti “di prima mano” di persone e eventi culturali, letterari e artistici. Per essi prepara “scalette” di storia letteraria introvabili altrimenti nei pur ottimi manuali di storia della letteratura russa, in cui svela l’importanza di opere e autori altrimenti tralasciati dai corsi universitari, e con ricchi riferimenti alla storia politica, al pensiero, alle arti e alla musica della Russia.
Da questi corsi nascono, anche, il saggio  Fantastico, grottesco, assurdo e satira nella narrativa russa d’oggi: 1956-1980 – Messina, 1980 e i due saggi su Parvus, figura dimenticata e pur fondamentale nella storia del pensiero e della prassi politica della socialdemocrazia e del marxismo dei primi due decenni del XX secolo, in cui ricostruisce sia il pensiero dell’ineffabile Helphand – o Gel’fand – (Parvus: una figura anticipatrice. Roma, 1984) sia la sua vita avventurosa (Il grande Parvus. Milano, 1988).

L’inizio degli anni ’90, che coincide con lo sgretolamento dell’Unione Sovietica, lo vede occuparsi di nuovo e più a fondo di due grandi passioni: Marìna Cvetàeva e Borìs Pasternàk.
Zveteremich aveva già tradotto le poesie della Cvetaeva nel 1967, quando ancora questa poetessa era poco conosciuta e ancor meno tradotta in Occidente, traduzione che gli valse, tra l’altro il “Premio internazionale di poesia Riviera dei Marmi (Custonaci)”, ma nel frattempo altro materiale prima inedito era venuto alla luce e un convegno internazionale svoltosi a Losanna aveva dato modo ai diversi studiosi ed estimatori sparsi per il mondo di scambiare notizie e risultati. Da questo rifiorire di studi nasce la nuova edizione, pronta nel luglio 1992 e stampata nel novembre dello stesso anno, ad appena un mese dalla morte di Zveteremich. Postuma anche la pubblicazione (1994) della revisione della traduzione del testo del Dottor Živago sulla base della prima edizione russa curata dal figlio dello scrittore, Evgenij Borisovič Pasternak (Mosca, 1990), revisione, come scrive Zveteremich, “filologicamente corretta”, ma purtroppo arbitrariamente alterata dai redattori. Inedito è rimasto a tutt’oggi “Il caso Pasternak”, a cui Zveteremich lavora per tutto il ’92, e per cui, dopo più di 30 anni di rifiuto del visto d’entrata in Russia, nel giugno dello stesso anno si reca a Mosca per consultare gli archivi dell’ex CC del PCUS.
Il mattino del 3 ottobre 1992, Pietro Antonio Zveteremich muore nel sonno, nella sua casa romana.

Tratto da: Ernesto ModicaProfilo biografico di Pietro A. Zveteremich, in Atti di convegno di studi su “Pietro A. Zveteremich. L’uomo, lo slavista, l’intellettuale“. Messina, 18 aprile 2008, a cura di Aleksandra Parysiewicz Lanzafame, Messina 2009, pp. 151-156 [localizza].
Per una biografia completa si veda: D. Rinaldi Zveteremich, Profilo biografico di Pietro Antonio Zveteremich, in P.A. Zveteremich, Scritti di letteratura e cultura russa, Roma, Herder, 1996 (Quaderni dei Nuovi Annali. Facoltà di Magistero dell’Università di Messina, 37), pp. VII-XIX [localizza].

 

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